Friday, November 6, 2009

Presenza di muffe micotossinogene in dolci coreani del commercio

G. Comi, L. Iacumin, M. Manzano, D. Boscolo
Industrie Alimentari-XLVIII(2009) aprile, 31-39

L'analisi eseguita comprendeva la ricerca di muffe in tutti i campioni, sia ammuffiti che non. Le metodiche utilizzate comprendevano:
  • diluizione decimale del campione e inoculo per inclusione di ogni diluizione decimale;
  • insemenzamento diretto - utilizzo di ansa sterile per asportare parte del micelio visibile sui dolci e insemenzamento di questo direttamente al centro di piastre contenenti il terreno di coltura.
Il terreno utilizzato per entrambe le metodiche era costituito da Malt Agar (Malt extract 20 g, Yeast extract 5 g, Agar 20 g, acqua distillata 1 L, pH 6,0), ed era incubato a 30°C per 3-5 giorni. Le colonie, ottenute attraverso le metodiche impiegate, erano purificate in Malt Agar e quindi inoculate in tre differenti Agar: Czapek Dox Agar (Pitt, 1973), Malt Agar e Salt-Malt Agar (Malt extract 5%, NaCl 5%, Agar 2%, pH 6,2) e identificate secondo Ainsworth et al. (1973), Pitt (1987), Pitt et Hochking's (1997) Samson et Pitt (2000) e Samson et al. (2004).

Valutazione dello sviluppo in diverse Aw
La valutazione è stata eseguita in vitro. E' stato utilizzato Agar Malto (Oxoid, Italia) addizionato di dosi crescenti di saccarosio fino ad ottenere valori di Aw pari a 0,80, 0,85, 0,90, 0,95. I terreni erano inoculati tramite ansa con i ceppi isolati e incubati a diverse temperature: 15°, 20°, 25°, 30°. Brevemente con ansa sterile (diametro 0,5 cm) venivano insemenzate centralmente le piastre con spore da colonie cresciute a 25°C per 3 giorni in Agar Malto. Non si esclude che l'Aw potesse essersi modificata in seguito ad un riequilibrio con l'umidità dei termostati. Ciò,comunque, potrebbe rappresentare maggiormente la realtà, essendo l'umidità delle merendine o dei dolci in equilibrio dinamico con l'ambiente esterno o con l'umidità interna alla confezione (es. spostamenti di umidità dal cuore del dolce alla superficie).

Produzione di micotossine in vitro
Sono stati usati diversi metodi per determinare la produzione di micotossine da parte di 87 ceppi isolati dai dolci coreani.
La produzione di aflatossine (B1, B2, G1, G2) è stata valutata inoculando le specie ritenute produttrici in capsule di Petri di vetro Malt extract peptone Agar (20% Malt extract, 0,25% peptone, 2% Agar e 6,5% NaCl). I terreni erano incubati a 28°C per 10 giorni al buio. La metodica di osservazione della fluorescenza e l'estrazione delle micotossine sono riportate da Hara et al. (1974). La produzione di acido ciclopiazonico, di patulina, di Ocratossina A (OTA) è stata valutata inoculando tutti i ceppi ritenuti produttori in Czapek-Dox Agar (CYA; Pitt, 1987) addizionato di 5 g/L di estratto di lievito (Oxoid, Italia). Il terreno inoculato era incubato a 25°C per 10 giorni al buio. Le micotossine erano rivelate in cromatografia su strato sottile. Brevemente l'estrazione delle micotossine: dopo la crescita in substrato Czapek-Dox Agar, le colture erano omogeneizzate in cloroformio/metanolo (2:1, v/v; 50 mL/piastra) e la mistura trattata e filtrata con sodio-solfato anidro. Il filtrato era parzialmente evaporato in rotavapor e seccato sotto flusso di azoto. Quindi l'estratto essiccato era dissolto in 1 mL di cloroformio e 20 uL di questo erano posti su piastre di silica gel (Merck, No. 5554) e confrontate con le soluzioni standard delle diverse micotossine (Sigma, St. Louis, MO, USA). I solventi e i metodi utilizzati per la visualizzazione delle micotossine erano secondo Frisvald et al. (1989) per acido ciclopiazonico; Frisvad (1988) per patulina; Lopez-Diaz et al. (2001) e Paterson et Bridge (1994) per Ocratossina A.

Acqua fresca a volontà non fornirla è fuorilegge

di Paolo Candotti
Suinicoltura-n.9 settembre 2009, 68-70

Gli animali hanno diritto all'acqua e occorre mettere negli allevamenti dei dispositivi che eroghino a piacimento acqua fresca e pulita. L'obbligo non è una novità, risale al 2004, ma non tutti gli allevamenti si sono ancora adeguati.
La mancanza di pozze d'acqua o pavimenti freddi limita questa necessità a cedere calore all'acqua ingerita, ristabilendo una temperatura accettabile.

Salumi, controlli di filiera a garanzia del made in Italy

di Silvia Gibellini
Suinicoltura-n.9 settembre 2009, 16-20
Un'attenta analisi delle cosce suine e degli allevamenti sono le principali attività unificate di controllo a cui si affiancano le misure di regolarizzazione degli animali prima della macellazione, i piani di controllo dei parametri qualitativi del grasso, degli alimenti somministrati ai suini, del tipo genetico di suini utilizzati e il trattamento unificato delle non conformità.
La conformità del tipo genetico
Il sistema di controllo procede al riscontro, nell'ambito dei sistemi di selezione o incrocio, di requisiti compatibili con quanto previsto dal Libro genealogico Italiano per il suino pesante, accertando la sussistenza o meno dei livelli minimi di corrispondenza stabiliti dal piano di controllo, ovvero l'assenza di caratteri palesemente antitetici.

Il butirrato aiuta i suinetti nella fase dello svezzamento

di Paolo Bosi, Daniele Maffezzoli, Paolo Trevisi
Suinicoltura-n.9 settembre 2009, 32-40

Il gruppo di Paolo Bosi e coll. dell'Università di Bologna, ha preso da lungo tempo confidenza con un protocollo sperimentale che consiste nell'infettare, per via orale, i suinetti con Escherichia coli F4 (uno dei batteri maggiormente responsabili delle diarree in allevamento). Il gruppo Bosi ha recentemente applicato questo modello ad una prova sperimentale basata sull'impiego di Na-butirrato, libero o gastro-protetto, su suinetti svezzati a 24 giorni di età. Sono state formulate quattro diete: di controllo, di controllo additivata con Na-butirrato libero (0.2%), di controllo additivata con Na-butirrato gastroprotetto (0.2% del prodotto, corrispondente allo 0.06% di Na-butirrato), da solo o incluso in un additivo commerciale a pari concentrazione.

Dieta con meno azoto risparmio e minor impatto

di Eugenio Corradini
Suinicoltura-n.9 settembre 2009, 26-30

La metodologia utilizzata per la simulazione economica si basa sul confronto tra allevamenti di suini all'ingrasso che adottino le diete a basso contenuto d'azoto rispetto a un allevamento che utilizzi la più diffusa razione al 13-14% di proteina. Le caratteristiche dell'allevamento preso a riferimento sono le seguenti: dimensione 2mila capi all'ingrasso orientati verso la produzione del suino pesante di oltre 160 kg, destinato alla produzione del prosciutto crudo e per questo allevato con una dieta rispettosa del disciplinare di produzione del prosciutto tipico partendo da un magroncello di 35 kg; produzione annua media di 4.538 tonnellate di carne; porcilaia del tipo a pavimento parzialmente fessurato e gestione dei liquami di tipo agronomico dopo il semplice stoccaggio di 180 giorni.
L'allevamento scelto ricade in una zona vulnerabile ai nitrati, che utilizza per lo spandimento dei liquami una superficie di terreno di oltre 100 ettari; di questi, 80 ettari sono di proprietà dell'allevatore, mentre i rimanenti, ubicati a una distanza media di km 5 dall'allevamento, sono presi in concessione pagando un diritto di spandimento pari a 250 euro/ha. La prima prova sperimentale è stata caratterizzata dall'introduzione di una dieta con un contenuto proteico dell'11-12%nella fase di finissaggio; mentre nella seconda prova si è sperimentata una dieta con il 9% di proteina.

La frollatura fa bene alla carne del suino pesante

di Leonardo Nanni Costa
Suinicoltura-n.9 settembre 2009, 22-25

Velocità di acidificazione
Nell'ambito di Eurocarne, il salone internazionale delle tecnologie per la lavorazione, conservazione, refrigerazione e distribuzione delle carni di Verona, sono stati presentati i primi risultati di uno studio sugli effetti esercitati dall'età alla macellazione e dalla velocità di acidificazione sulle caratteristiche biochimiche, tecnologiche e sensoriali del muscolo Longissimus dorsi.
Il progetto di ricerca, promosso dall'Opas di Mantova insieme al Dipartimento di Protezione e valorizzazione agroalimentare dell'Università di Bologna e il Department of Food Science dell'Università di Copenhagen, è finalizzato alla valorizzazione del suino pesante italiano ed è focalizzato sulle caratteristiche della lombata, spesso ritenuta di qualità inferiore rispetto all'analogo taglio fornito dal suino leggero.
La metodologia qui descritta è stata impiegata anche nella sperimentazione per valutare gli effetti della diversa velocità di acidificazione ove, da un campione di 80 carcasse di suini pesanti sono state individuate, in base alla misura del pH a 1,3 e 6 ore post mortem, 30 lombate di cui 10 con acidificazione rapida, 10 normale e 10 lenta. Per entrambe le prove, a tali tempi post mortem, si è proceduto alla rilevazione del pH, del colore e della temperatura.
Dopo una refrigerazione di 24 ore in cella frigorifera, i lombi sono stati portati in laboratorio ove al primo, al terzo e al sesto giorno dalla macellazione sono state ripetute le suddette misurazioni e sono state rilevate le perdite di liquido durante la conservazione e la cottura e la forza di taglio. Le sezioni adiacenti a quelle impiegate per i rilievi sono state inviate ai laboratori dell'Università di Copenhagen per la valutazione dell'attività degli enzimi proteolitici calpaina-u e calpaina-m e delle loro forme autolisate, della calpastatina, inibitore di tali enzimi, e dell'indice di frammentazione miofibrillari, un parametro di misura della degradazione della struttura più profonda della carne. Infine, due sezioni del muscolo sono state destinate all'analisi del contenuto di grasso intramuscolare e alla valutazione sensoriale.